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CENTRO STUDI GALILEO

 


 

SURRISCALDAMENTO, EVAPORATORI, COMPRESSORI, TUBAZIONI E DENSITA' DEL REFRIGERANTE

(Art. 154)

Pierfrancesco Fantoni

Introduzione

Abbiamo visto come la densità sia una caratteristica del refrigerante che entra in gioco in maniera determinante quando si devono gestire i riempimenti delle bombole quando, ad esempio, si esegue il recupero del refrigerante stesso dal circuito.

In altri frangenti, sia di carattere teorico che pratico, entra in gioco la densità: proviamo a vedere in che modo può tornare utile alla pratica del tecnico frigorista.

 

Surriscaldamento e capacità frigorifera dell’evaporatore

Uno dei processi fondamentali attinenti al (buon) funzionamento di un impianto frigorifero è il surriscaldamento del refrigerante che avviene dopo la fase di evaporazione. Dal punto di vista energetico, il surriscaldamento non porta a vantaggi e, se si potesse, andrebbe evitato nella maggior parte delle applicazioni. Tuttavia, l’esigenza di salvaguardare il compressore dall’arrivo di liquido impone tassativamente questa pratica.

La regolazione dell’impianto, quindi, deve tenere conto di queste due opposte esigenze: fare in modo che il vapore esca surriscaldato dall’evaporatore ma anche che tale surriscaldamento risulti essere il minimo necessario per fare in modo che l’evaporatore non perda troppo in capacità frigorifera.

Va inoltre fatta distinzione tra il surriscaldamento che avviene all’interno dell’evaporatore e quello che avviene, invece, nella linea di aspirazione. Il primo comunque porta ad un beneficio in termini di produzione di freddo, dato che il vapore per surriscaldarsi sottrae calore alla cella frigorifera, anche se in quantità molto piccola rispetto al calore che il liquido potrebbe sottrarre se evaporasse in quello stesso tratto di evaporatore. Il surriscaldamento che avviene nel tubo di aspirazione, invece, non risulta avere nemmeno questo aspetto positivo, dato che il calore che il vapore acquista per surriscaldarsi non viene sottratto alla cella frigorifera ma, per la maggior parte, all’ambiente esterno. Questo non ha alcun effetto benefico, quindi, sulla produzione frigorifera.

Evaporazione e densità

Per analizzare con completezza gli aspetti positivi e le controindicazioni del processo di surriscaldamento non si può non prendere in esame le conseguenze che esso comporta sulla densità del vapore.

Una volta che il liquido è completamente evaporato ci troviamo in presenza di vapore saturo. Bisogna ricordare che durante l’evaporazione si ha un grandissimo aumento del volume del refrigerante. Questo significa che la densità del refrigerante stesso subisce, durante l’evaporazione, una drastica riduzione o, in altri termini, che il volume specifico del refrigerante aumenta in maniera molto elevata.

Nella tabella 1 si può osservare, per alcuni tipi di refrigerante, la variazione del volume specifico e della densità che si registra a seguito del passaggio del refrigerante dalla forma liquida a quella di vapore ad una ben determinata temperatura. In linea di massima possiamo dire che, a -30 °C, 1 chilogrammo di refrigerante occupa all’incirca un volume di ¾ litro: questo valore è piuttosto costante anche variando il tipo di refrigerante. Nella colonna 3 della tabella 1, che riporta il volume specifico del vapore sempre alla temperatura di -30 °C, possiamo notare subito due cose importanti: la prima riguarda i valori, la seconda riguarda la disparità che esiste da refrigerante a refrigerante.

Innanzitutto i valori: il medesimo chilogrammo di refrigerante che abbiamo appena considerato allo stato liquido quando si trasforma in vapore subisce un aumento di volume veramente notevole: da meno di un litro si passa a valori di centinaia di litri. La seconda considerazione riguarda il diverso comportamento dei refrigeranti: mentre nella fase liquida occupano tutti più o meno lo stesso volume, nella fase di vapore il loro volume varia notevolmente.

 

Tabella 1

 

Refrigerante

Volume specifico liquido

a -30 °C

(l/kg)

Volume specifico vapore

a -30°C

(l/kg)

Densità liquido

a -30

(kg/m3)

Densità vapore

a -30°C

(kg/m3)

R404A

0,80

95

1255

10,5

R407C

0,75

164

1340

6,1

R134a

0,72

227

1388

4,4

R410A

0,78

95

1280

10,5

 

Il tubo grosso e il tubo piccolo

Ora se ci soffermiamo un attimo su come funziona l’evaporatore possiamo capire alcune cose. Nella figura 1 vediamo schematizzato molto semplicemente un evaporatore. Se prendiamo come riferimento un condizionatore modello split di piccola potenza frigorifera, l’unità interna, in cui si trova l’evaporatore, risulta collegata all’unità esterna, dove è collegato il compressore, da due tubi, uno di diametro più piccolo, supponiamo ¼ di pollice, e l’altro di diametro più grande, ad esempio 3/8 di pollice.

Un errore molto comune che viene commesso è quello di considerare uno il tubo di aspirazione del compressore e l’altro quello di mandata. Invece entrambi i tubi sono in bassa pressione e, ora che abbiamo visto che il volume che occupa un chilogrammo di refrigerante allo stato liquido è molto inferiore al volume che occupa la stessa massa di vapore, possiamo senza ombra di dubbio ricordare che il tubo di diametro più piccolo è quello che contiene il liquido che va ad alimentare l’evaporatore, mentre quello di diametro più grande è quello che contiene il vapore che viene aspirato dal compressore. Quando si carica il circuito con una miscela, operazione che molte volte va fatta in fase liquida, risulta importante individuare con esattezza a quale attacco collegarsi e, per far ciò, basta osservare il diametro dei due tubi. Sbagliare collegamento significa inondare di liquido il compressore che, come sappiamo, potrebbe “offendersi” per questo!

Un compressore per tutti i gas?

La tabella 1 riporta anche le densità, per ogni tipo di refrigerante, sia della fase liquida che di quella vapore alla temperatura di -30 °C. Ricordiamo che volume specifico e densità sono esattamente uno il reciproco dell’altro. Ad esempio consideriamo l’R404 allo stato liquido: il suo volume specifico è di 0,80 litri per ogni chilogrammo di refrigerante. Allora calcoliamo il reciproco di tale valore: 1/0,80 che come risultato dà 1,25 chilogrammi per ogni litro. Questo significa che 1 litro di R404A liquido a -30 °C ha una massa di 1,25 kg. Se consideriamo 1 metro cubo di liquido (corrispondente a 1000 litri) allora otteniamo una massa di 1250 kg, cioè il valore (a meno delle approssimazioni di calcolo) della densità dell’R404A che troviamo riportato nella colonna 4 della tabella 1.

Stabilito questo vediamo di concentrarci sulla densità dei vari refrigeranti allo stato di vapore alla temperatura di -30 °C (colonna 5 della tabella 1). Come si vede, alcuni refrigeranti si “assomigliano” (R410A e R404A) come valore di densità mentre altri sono completamente diversi.

Confrontiamo, ad esempio, l’R410A e l’R134a. Poniamoci, inoltre, la domanda: possiamo usare lo stesso compressore con i due gas? Otterremo la stessa potenza frigorifera? Se il compressore riesce a far circolare 1 m3 di R410A allora sposta circa 10,5 chilogrammi di gas che sono evaporati producendo, così, un certo effetto frigorifero. Se invece lo stesso compressore, a parità di pressioni di lavoro, fa circolare 1 m3 di R134a allora sposta “solo” 4,4 chilogrammi di gas, cioè meno della metà, che passando nell’evaporatore hanno complessivamente prodotto, grazie all’evaporazione, una quantità di freddo inferiore. Questa è una delle ragioni per cui la scelta del compressore va fatta in maniera specifica a seconda del refrigerante che si intende utilizzare.