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CENTRO STUDI GALILEO

 

 

La direttiva PED:

un problema culturale prima ancora che tecnico - giuridico.

 

Donato Prisco
TUV Thuringen

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Il presente intervento non intende affrontare gli aspetti tecnici della applicazione della Direttiva PED nel mercato italiano, dato che – a tre anni dal suo recepimento nel nostro ordinamento – tali aspetti dovrebbero essere ormai stati recepiti ed in qualche modo assimilati dagli operatori.

Piuttosto, intendiamo denunciare la grave situazione di sostanziale indifferenza del mercato del ciclo del freddo italiano rispetto alla puntuale attuazione della Direttiva 97/23 CE.

Sembra che i frigoristi italiani non si sentano i veri destinatari delle prescrizioni della disciplina europea: essi confidano, secondo un consolidato comportamento italico, di potere sfuggire ai controlli di attuazione della legge o – forse – di potere scaricare le responsabilita' per la violazione delle norme comunitarie sull’anello piu' debole ed inconsapevole del mercato, che e' l’utente finale.

Invece, ed e' questo il messaggio principale del presente intervento, il sistema di controllo introdotto dal D.M. 1 dicembre 2004 n 329 introduce un meccanismo di verifica diffusa e costante nel tempo del rispetto della Direttiva 97/23 PED cui sara' difficile sfuggire.

I piu', forse, si aspettavano il solito sistema di controllo a campione presso l’utente finale o presso il fabbricante: questi controlli, che per avere una seria efficacia richiederebbero l’impiego di ingenti risorse in uomini e mezzi, evidentemente non fanno paura ai frigoristi italiani. Addirittura, alcune organizzazioni di categoria hanno sollecitato interpretazioni della Direttiva PED tali da ridurre significativamente l’ambito di applicazione della Direttiva medesima.

Il ragionamento che si cela dietro tali comportamenti individuali e di categoria e' sempre lo stesso: rispettare la disciplina comunitaria comporta un significativo aumento dei costi, che deve necessariamente riversarsi sui prezzi applicati alla clientela. Pertanto, finche' non si e' costretti da stringenti controlli a rispettare la direttiva, non vi e' nessun incentivo ad una applicazione spontanea della medesima, in quanto un simile comportamento, per quanto virtuoso, finirebbe per avvantaggiare sul mercato i frigoristi "refrattari" alla PED.

 Il controllo introdotto dal DM 1 dicembre 2003 n 239: dal controllo a campione alla verifica diffusa e periodica

Il meccanismo di controllo del rispetto della Direttiva PED, invece, funziona diversamente da quanto ipotizzato dal mercato destinatario della disciplina comunitaria.

Anziche' controlli a campione presso utenti e fabbricanti, il Decreto Ministeriale impone una serie di verifiche a cadenza periodica che iniziano sin dalla messa in esercizio dell’insieme.

E’ bene cogliere la radicale differenza tra questo sistema di controllo e quello a campione: nel caso del controllo a campione, infatti, e' l’ISPESL, incaricato della vigilanza che deve prendere l’iniziativa del controllo (salvo i casi di controllo su denuncia), mentre nel sistema disegnato dal regolamento per la messa in servizio e l’uso delle attrezzature in pressione e' l’utente finale che comunica all’ISPESL la messa in esercizio dell’impianto. In questo modo nessun impianto in pressione ricadente nell’ambito di applicazione della direttiva PED potra' sfuggire al monitoraggio periodico da parte dell’ISPESL (alla messa in servizio) e della USL o ASL (durante l’esercizio dell’attrezzatura.)

Tant’ e' vero che il comma 2 dell’art. 1 DM 329/2004 definisce i vari tipi di verifica cui l’impianto, nel corso della sua vita, andra' soggetto:

a) verifiche di "primo impianto", ovvero di "messa in servizio", riferite alle attrezzature a pressione o agli insiemi quando inseriti ed assemblati negli impianti dagli utilizzatori, finalizzate al controllo del funzionamento in sicurezza delle attrezzature e degli insiemi;

b) verifiche periodiche, verifiche da effettuare successivamente alla messa in funzione dell'attrezzatura a pressione ad intervalli di tempo predeterminati;

c) verifiche di riqualificazione periodica, verifiche da effettuare successivamente alla messa in funzione dell'attrezzatura a pressione ad intervalli di tempo predeterminati;

d) verifiche di riparazione o modifica.

La verifica di primo impianto e' a cura dell’ISPESL, ed e' una verifica eventuale, giacche' si rende necessaria solo se l’impianto ha subito una operazione di installazione da parte dell’utente. In questo caso, infatti, l'impianto non e' ancora stato certificato nel suo funzionamento come "insieme integrato e funzionale". Detta verifica, dice il 2 comma dell’art. 4, e' effettuata su richiesta dell'azienda utilizzatrice, e riguarda l'accertamento della corretta installazione (delle attrezzature assemblate) sull'impianto.

Ma e' con la lettura dell’art. 6 del decreto ministeriale che ci si rende conto della portata della verifica. Infatti, all'atto della messa in servizio l'utilizzatore delle attrezzature e degli insiemi soggetti a controllo o a verifica deve inviare all'ISPESL e all'Unita' Sanitaria Locale (USL) o all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente, una dichiarazione di messa in servizio, contenente:

a) l'elenco delle singole attrezzature, con i rispettivi valori di pressione, temperatura, capacita' e fluido di esercizio;

b) una relazione tecnica, con lo schema dell'impianto, recante le condizioni d'installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate;

c) una espressa dichiarazione, redatta ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 20 ottobre 1998, n. 403, attestante che l'installazione e' stata eseguita in conformit a quanto indicato nel manuale d'uso;

d) il verbale della verifica di cui all'articolo 4, ove prescritta;

e) un elenco dei componenti operanti in regime di scorrimento viscoso, o sottoposti a fatica oligociclica.

Al termine della verifica il soggetto verificatore consegna all'azienda un'attestazione dei risultati degli accertamenti effettuati. In caso di esito negativo della verifica, il documento indica espressamente il divieto di messa in servizio dell'attrezzatura a pressione esaminata.

E’ chiaro che, vista l’onerosita' degli adempimenti da espletare in vista della verificazione di primo impianto, la procedura di cui agli artt. 4 e 6 del DM 1 dicembre 2004 n 329 e' utile solo per impianti di grandissima dimensione o complessita', come per esempio in acciaierie o raffinerie o in grosse industrie chimiche e petrolchimiche. E’ sempre possibile l’eventualita' del piccolo utente che intenda assumersi tutte le responsabilita' di attentarsi ad assemblare un insieme in pressione, certificarlo e metterlo in esercizio: ma si tratta di una attivita' gravida di responsabilita' civili e penali.

Piu' frequentemente, l’utente preferir acquistare l’impianto gia' certificato (e bisognerebbe aprire una ampia parentesi sul grado di consapevolezza dell’utente finale che chiama il frigorista di fiducia per la vendita e la messa in opera dell’impianto). Ecco dunque che il frigorista si reca presso l’utente, installa l’insieme frigorifero, lo mette in funzione e se ne va. Nella maggior parte dei casi, l’installatore consegnera' al cliente – al massimo – la certificazione di conformita' della centrale o di singole attrezzature (se non l’ha smarrita nel percorso tra la fabbrica e l’utente finale, e sempre che il fabbricante abbia certificato l’unita' o la centrale)

E’ quindi importante che vi sia una evoluzione culturale piu' rigorosa e piu' matura degli operatori del settore in modo da poter ottemperare con serieta' agli obblighi legislativi del settore sia nazionali che Europei.

E’ quindi pure, molto positivo, in conclusione, che, in diretto collegamento con le istituzioni europee e quindi con chi ufficialmente le rappresenta di fronte a tutti i tecnici europei e cioe' e' l’AREA (Air Conditioning European Association), i tecnici italiani del settore facciano riferimento a queste istituzioni tramite l’Associazione dei Tecnici del Freddo Italiani (ATF).

Gli operatori del settore e i tecnici del freddo e del condizionamento hanno quindi un nuovo importante obiettivo, cioe' quello di specializzarsi e di aggiornarsi, grazie a questo veicolo europeo per mezzo di nuovi corsi, patentini e attestati.